Breve storia della “guerra dei contadini”

La guerra dei contadini in Germania (1524-1526)
Thomas Muntzer, Michael Gaismair…

Breve storia della guerra dei contadini.

Nella landa tedesca di fine Quattrocento e inizio Cinquecento imperversavano fame e miseria, inquietudine e disagio in larghi strati della popolazione, dai quali scaturivano periodiche ribellioni sociali, tentativi di congiure popolari, volontà di rivolta e spirito sedizioso, soprattutto tra la popolazione rurale.
Quando nel 1517 Martin Lutero pubblicò le sue tesi contro la vendita delle indulgenze, diede voce, con solidi argomenti teologici, non soltanto al disagio etico-religioso dei cristiani di lingua tedesca, ma anche alla rabbia di larghi strati della popolazione che si sentiva oppressa politicamente e sfruttata economicamente, canalizzando le forme più diverse di inquietudine contro la Chiesa di Roma. Così facendo, Lutero diede un possente contributo alla nascita di un movimento di protesta popolare e nazionale che nel giro di poco meno di quattro anni, dall’affissione delle tesi contro le indulgenze (1517) alla Dieta Imperiale di Worms (1521), portò al più grande scisma della Chiesa cristiana nell’età moderna. Tutto ciò senza che il monaco di Eisenach avesse, almeno inizialmente, una precisa idea di tutte le conseguenze socio-politiche che sarebbero potute derivare dalla sua polemica su di un aspetto, in fondo alquanto marginale, della devozione religiosa.
In quegli stessi anni il poeta Ulrich von Hutten non si fermò ai proclami umanisti e ai versi visionari annuncianti aurore e rinascimenti, ma ricorse anche alla spada al fine d’imporre il suo progetto socio-politico di riforma dell’Impero, la cui realizzazione avrebbe fatto recuperare al ceto dei cavalieri nobili, al quale egli apparteneva, quel posto nella società che esso aveva irrimediabilmente perduto in un’epoca in cui le armi da fuoco lo avevano reso superfluo.
Non soltanto monaci e sacerdoti pervasi da un forte affiato etico-religioso, non soltanto umanisti innovatori e cavalieri in cerca di rivalsa sociale provarono la via della rivolta e della ribellione. Lo fecero anche i contadini che nella Germania del primo Cinquecento rappresentavano oltre i due terzi dell’intera popolazione, consistente in circa undici milioni di persone su suolo tedesco.
Già nel corso del tardo Medio Evo si erano registrate forme di ribellione contadina in diverse regioni tedesche. Esse erano state però quasi sempre mosse da rivendicazioni locali e particolaristiche, senza avere alle spalle un progetto generale e una strategia differenziata per raggiungere lo scopo prefissato. Dalla fine del Quattrocento in poi le rivolte contadine si erano andate via via intensificando fino ad arrivare all’inizio del Cinquecento alla formazione di veri e propri gruppi eversivi e all’organizzazione di congiure popolari contro il potere dei signori feudali.
 
Le regioni maggiormente interessate a queste forme di protesta e rivolta sociale furono all’inizio del Cinquecento quelle meridionali tedesche confinanti con la Svizzera, da tempo ormai ribellatasi al potere centrale e riunitasi in confederazione di cantoni liberi e indipendenti, destinata a fare da modello e punto di riferimento politico-istituzionale per i contadini tedeschi in rivolta. Oltre al Baden e all’Alsazia si registrarono rivolte nella Renania, nella Svezia, nella Franconia e in Austria. In generale tutte queste rivolte contadine scoppiarono come reazione ai tentativi dei diversi signori feudali di aumentare e ampliare i propri privilegi giuridici e socio-economici.
Il fatto nuovo nelle prime forme di ribellione contadina del Cinquecento è costituito dal tentativo, intrapreso per la prima volta nella storia tedesca moderna a livello popolare, di andare oltre i particolarismi locali. Le leghe contadine dette del Bundschuh, dal tipico scarpone a legacci proprio dei contadini tedeschi e con l’intenzione che quei legacci siano segno di lega e alleanza contadina, aspirano già a una diffusione sovraregionale. Di rilievo è questa volta anche il fatto che sotto la bandiera del Bundschuh si raccolgano non soltanto contadini e popolazione rurale in genere, ma anche gli abitanti dei piccoli centri cittadini, il che dà alle richieste del Bundschuh carattere di protesta generale di strati sempre più ampi della popolazione tedesca, sui quali pesano gravami feudali più numerosi e sempre più differenziati. La legittimazione della congiura e della rivolta all’autorità, inoltre, non è più data soltanto dalla richiesta del rispetto di una serie di consuetudini locali favorevoli ai contadini e improvvisamente ignorate dai signori feudali, ma già, seppure in forma molto generica, anche dal Vangelo e dall’idea di un «bene comune» da costruire e da difendere.
Le idee radicali del Bundschuh tuttavia non sembrano inizialmente aver incontrato un consenso popolare tale da arrivare a una vera insurrezione. La situazione cambia radicalmente nel giugno del 1524 scoppiano senza un piano prestabilito e senza apparenti rapporti di alleanza, una serie innumerevole di rivolte contadine su suolo tedesco, soprattutto nelle regioni sudoccidentali, poi nella Germania centrale (Renania, Franconia e Turingia) e nelle regioni alpine del Tirolo. In tali rivolte si riscontra continuamente l’influenza della predicazione protestante, la quale negli anni in questione aveva assunto una differenziazione di posizioni che andava dal campo luterano ufficiale fino alle frange più estremistiche e rivoluzionarie, culminando dieci anni dopo nell’esperimento anabattista della città di Mùnster in Vestfalia.
Tutte le rivolte contadine degli anni 1524-1526 divennero una «guerra» in piena regola, la «guerra dei contadini tedeschi» che vide eserciti regolari in campo, battaglie e sconfitte da ambo i lati, e causò la morte di circa centomila contadini.
Come già in epoche precedenti, anche questa volta le cause immediate dello scoppio della «rivoluzione» dei contadini tedeschi erano state provocate da nuove richieste dei signori feudali, che i contadini ritenevano palesemente ingiuste. A tali richieste (nuovi gravami e divieti, disconoscimento di antiche consuetudini) i contadini risposero dapprima con articoli, richieste, lettere e preghiere rivolte all’autorità, allo scopo di superare pacificamente il contrasto insorto tra le parti, poi, soltanto dopo che tutti i tentativi di accordo pacifico erano falliti, con la rivolta, anche violenta, a quel sopruso (v. Articoli dei contadini della Foresta Nera). La disponibilità alla discussione e al compromesso, dimostrata in ogni occasione dai contadini e attestata ampiamente nei testi che ci sono stati tramandati, fu frustrata soprattutto dalla rigidezza dell’autorità, con la conseguenza che i contadini furono costretti ad assumere posizioni sempre più radicali ed estreme, disperando di poter condurre con profitto un dialogo con i signori feudali. Essi si resero però anche conto che le rivolte scoppiate su quasi tutto il territorio nazionale stavano a indicare che essi non erano più piccoli gruppi di rivoltosi, ma un movimento nazionale capace di elaborare un progetto comune e di imporlo all’autorità.
A differenza delle regioni sud-occidentali della Germania, nelle quali prevaleva fin dall’inizio un tipo di rivendicazione socio-economica, sostenuta dalla legittimazione evangelica, le rivolte contadine che scoppiarono in Franconia e Turingia furono nel segno della predicazione riformata, anche se con diverse accentuazioni e sfumature. In Turingia i contadini trovarono alleati nei minatori e misero in discussione la decima, pretendendo infine addirittura, sotto l’influenza della predicazione di Thomas Miintzer, un controllo teologico-politico sull’autorità ovvero progettando una lega cristiana di eletti che governasse teologicamente anche la sfera politica e mondana. Una «Lega cristiana» s’incontra però anche in Algovia, in una regione sud-occidentale molto lontana dalla Turingia centro-orientale. Qui, in Algovia, verranno elaborati nei mesi di febbraio/marzo del 1525 i famosi «12 articoli» dei contadini tedeschi, il più noto e diffuso tra i documenti stilati dai contadini. Nei 12 articoli vengono riprese e rielaborate tutte le singole richieste avanzate dai contadini della Germania meridionale, legittimandole infine, nella stesura unificante di dodici articoli soltanto, con i passi della Bibbia, i cui rinvii venivano riportati ai margini del foglio e resi così più efficaci concettualmente oltre che otticamente. Questi articoli furono subito riconosciuti e fatti propri anche in altre regioni tedesche, furono tradotti e diffusi immediatamente in tutta la Germania e persino all’estero, proprio perché erano riusciti a superare i particolarismi locali, proponendo un programma universale di richieste socio-economiche, fondato per di più sul Vangelo.
Dal marzo del 1525 il movimento contadino si sviluppa velocissimamente, non soltanto geograficamente, ma anche socialmente. Ai contadini in rivolta si aggregano sia le città sia la piccola nobiltà, coinvolte in una prospettiva di cambiamento venata di millenarismo cristiano e di aspettative evangeliche, unificate nella proposta di creazione di un ordine cristiano nuovo e più giusto. Mentre da un lato si diffondevano gli assalti a conventi e castelli, ai quali i contadini dovevano versare decime e censi, dall’altro si organizzava la reazione dei principi tedeschi, intenzionati a stroncare presto e definitivamente, con le armi, il problema costituito dai contadini in rivolta. Lutero del resto, nel suo scritto contro i contadini, aveva fornito la giustificazione teologica per lo sterminio della plebaglia che aveva osato impugnare le armi e ribellarsi all’autorità: «Essi hanno provocato ribellione, hanno rapinato e saccheggiato con grande scelleratezza conventi e castelli che non appartenevano loro, meritandosi così senza alcun dubbio la morte del corpo e dell’anima, perché banditi di strada e assassini. (…) Perciò chiunque può, deve, in questo caso, ammazzare, strozzare, trafiggere, in pubblico e in segreto, e, facendolo, pensare che non c’è niente di più velenoso, pericoloso e diabolico di un ribelle, proprio come se uccidesse un cane rabbioso».
Costretti a difendersi militarmente i contadini si organizzarono in schiere e si armarono alla meglio. Ma di fronte agli eserciti mercenari arruolati dalla lega Sveva, le schiere contadine non riuscirono quasi mai a far fronte comune in modo efficace, sicché, dopo alcuni successi iniziali, furono ripetutamente sconfitte nella primavera del 1525. Il 13 maggio 1525 le schiere contadine furono sconfitte e massacrate a Bòblingen. I contadini della Turingia furono sconfitti il 15 maggio a Frankenhausen, il loro profeta Thomas Müntzer fu fatto prigioniero, torturato ripetutamente e subito giustiziato.
Verso la fine del 1525 tutti i focolai di ribellione su suolo tedesco erano stati soffocati. Soltanto nel Tirolo, regione periferica e alquanto atipica nel panorama dell’Impero germanico, i contadini in rivolta resistettero fino al 1526, conoscendo significativi successi militari sotto la guida di Michael Gaismair (*)
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Caratteri e istanze della rivolta contadina.

Il movimento contadino sviluppa due tipi di argomentazione: una religiosa, l’altra socio-economica. Con la diffusione a livello nazionale della Riforma luterana, grosso modo dal 1523 in poi, i due diversi tipi di discorso tendono sempre più a unificarsi e a sostenersi reciprocamente. Ciò risulta evidente da un lato nella formulazione dei 12 articoli, con tutti i numerosi ed espliciti riferimenti biblici, dall’altro nella teologia di Thomas Müntzer, che trova ad Allstedt (1523-24) la sua prima formulazione politica definitiva a contatto con i contadini poveri e i minatori sfruttati della regione. L’unificazione delle richieste economiche e la relativa fondazione teologica intensificano e radicalizzano il movimento contadino che acquista coscienza delle proprie possibilità. Quando i contadini di Memmingen nel marzo del 1525 compilano i loro articoli tengono presente le richieste di tutti i contadini e riescono a elaborare, con solo 12 articoli ben formulati, un programma comune minimo. Sulla base di quanto esposto in questi articoli e da quanto si deduce dalla loro diffusione e ricezione in tutta la Germania, si possono individuare i diversi campi d’azione e le strategie che i contadini intendevano sviluppare per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Nell’economia chiedevano l’abolizione della piccola decima e la limitazione della grande decima; poi la revisione dei diversi tributi dovuti al signore feudale detentore del potere sulla terra, dei tributi dovuti al principe territoriale, dei servaggi. Nelle questioni religiose emergeva la richiesta di una libera scelta del parroco da parte della comunità, predicazione semplice e chiara del Vangelo, abolizione dei conventi. In ambito politico-istituzionale i contadini facevano richiesta di abolizione della servitù della gleba e riaffermavano il principio della proprietà comunitaria di acque, boschi e pascoli. A livello giuridico si chiedeva la limitazione del diritto romano, laddove entrava in contraddizione con consuetudini antiche favorevoli ai contadini e a forme acquisite di autogoverno comunitario; poi l’uguaglianza giuridica di tutti i sudditi di fronte alla legge e il mantenimento delle forme di autodisciplina giuridica per i piccoli delitti.
Attraverso il processo di universalizzazione delle richieste non viene messo più in discussione soltanto un singolo errore o una degenerazione occasionale nel sistema, bensì l’intera costruzione socio-economica della Germania di inizio Cinquecento. Ancora più evidente e radicale si mostra a tendenza a mettere in discussione tutto il sistema durante le rivolte contadine nel Tirolo.
Questo processo di critica sempre più radicale al sistema feudale compie il salto qualitativo allorché i contadini sviluppano e approfondiscono la legittimazione delle loro richieste non più soltanto sulle tradizioni locali e su consuetudini particolari, bensì anche sulla parola di Dio, così come veniva tramandata dalla Scrittura. In questo modo i contadini tedeschi si fanno interpreti non più soltanto dei loro diritti, di quelli propri del loro ceto, ma anche di quelli che sono propri di tutta la società cristiana, intendendosi con ciò interpreti autorizzati ed esecutori del Verbo e della volontà di Dio, chiamati come classe sociale ad assolvere un compito storico-universale in una visione escatologica della storia.
Di questo passaggio decisivo i contadini, come risulta da una lettura attenta dei testi, sono estremamente coscienti. Ciò risulta non solo dalla definizione di «cristiano», «fraterno» per le loro leghe, associazioni e progetti di rinnovamento comunitario, ma anche dalle relazioni che si stabilirono tra i contadini e tra i diversi gruppi regionali, e soprattutto dalla continua, programmatica asserzione, secondo la quale bisognerebbe innanzitutto perseguire «il bene comune» e, per converso, imporsi i divieti necessari. È il caso dei 12 articoli, in cui si riconosce a tutti i contadini il diritto di raccolta della legna da ardere, ma sotto il controllo della comunità, affinché lo sfruttamento egoistico della natura non porti alla morte della stessa. E lo stesso si trova poi in forma sistematica anche nell’Ordinamento di Michael Gaismair: bonifica e sfruttamento oculato e controllato del territorio, bene comune in armonia con i bisogni individuali.

Inglobando nella loro visione di rinnovamento della società gli interessi e le aspettative di tutti i sudditi, i contadini si videro costretti, dopo il rifiuto di Lutero, ad approfondire la riflessione generale sul potere, sulla sua natura e sul rapporto che lega il suddito all’autorità, sul diritto o meno del suddito di subire il governo tirannico, ancorché di uno che si dichiara cristiano. Inizia così, co1 rifiuto di Lutero, il passaggio dei contadini dalla ricerca di una giustificazione per le loro richieste e rivendicazioni alla teoria teologico-politica della ribellione all’autorità. Gli scritti di Müntzer e lo scritto anonimo A tutti i contadini riunitisi in schiere rappresentano il tentativo più compatto di chiarificazione di tale problematica.
Una serie di successi parziali da parte delle schiere contadine, inizialmente sia a livello militare sia a livello politico, richiesero non solo l’organizzazione di unità più ampie e di alleanze strategiche, ma anche una riflessione sul progetto generale di rinnovamento della società. In questa direzione si muovono soprattutto Florian Ceyer, Wendel Hipler e Friedrich Weigandt, nonché Michael Gaismair. Il tratto comune ai loro scritti è dato dalla sicurezza che tutti mostrano nel voler abolire i poteri intermedi e nel proporre il rafforzamento del principio comunitario, ‘repubblicano’ o ‘comunistico’ a seconda degli accenti. Questo principio comunitario ha origine nell’organizzazione comunitaria della vita dei villaggi e dei piccoli centri rurali del Medio Evo e trova, con l’affermazione della Riforma protestante, una sorta di legittimazione teologica che lo rafforza e lo rende esplicitamente cosciente ai contadini nel momento della ribellione. In questo principio comunitario teologicamente fondato il vero governo giusto è quello che provvede al bene comune, organizzando il lavoro e l’economia in modo tale che siano rivolti non alla produzione del profitto, ma del necessario, secondo il principio di uguaglianza evangelica, che non ammetteva è noto — l’usura e consimili forme speculative. Ai membri di questa comunità era riconosciuta di fatto e per legge uguaglianza giuridica (stessi diritti) e impositiva (stessi tributi), come viene ribadito in tanti documenti dei contadini tedeschi.
Proveniente da esperienze medievali, legittimata durante i primi anni della Riforma, approfondita ulteriormente durante la guerra dei contadini, la «comunità» diventò nei progetti dei contadini il nucleo della futura organizzazione sociale. Nella costruzione di questo modello egalitario e comunitario i contadini tedeschi si trovarono di fronte signori feudali, ecclesiastici e mondani, arroccati nella difesa dei propri privilegi e, alla fine, si scontrarono violentemente
con loro.
Inferociti assaltarono e distrussero i conventi e i castelli degli odiati signori, decisi ad abbattere i luoghi di quel potere che, in nome di Dio, creava la disuguaglianza tra i cristiani.
Essi praticarono quel che poco dopo Michael Gaismair formalizzò nel suo Ordinamento, in un passaggio di strabiliante attualità: «Tutte le mura cittadine, i castelli e le fortificazioni che si trovano nella regione devono essere abbattute e non devono esserci più in futuro delle città, bensì soltanto villaggi, affinché non esistano più differenze tra gli uomini…».

 


(*) Michael Gaismair (1490-1532) fu il condottiero riconosciuto della guerra di guerriglia condotta dai contadini in Tirolo. Brillante capo militare, secondo Engels il più geniale della guerra dei contadini, fu anche un eccezionale cospiratore in grado di mettere in seria difficoltà l’imperatore di Vienna, tanto da venire inseguito e poi ucciso dai sicari degli asburgo nel 1532 a Padova. Michael Gaismair fu anche un pensatore politico di rango: nel suo Ordinamento regionale del Tirolo, scritto nel 1526 in una località delle Alpi svizzere dove era rifugiato, si progetta la liberazione della regione tirolese dalle società finanziarie bavaresi che ne sfruttavano le miniere e la sua riorganizzazione in senso comunistico e repubblicano.

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